34. TRIESTE FILM FESTIVAL

21/28 gennaio 2023

Appuntamento dal 21 al 28 gennaio con il 34. Trieste Film Festival: diretto da Nicoletta Romeo, il primo e principale appuntamento italiano dedicato al cinema dell’Europa centro orientale, nato alla vigilia della caduta del Muro di Berlino, continua a essere un osservatorio privilegiato su cinematografie e autori spesso poco noti – se non addirittura sconosciuti – al pubblico italiano, e più in generale a quello “occidentale”. 


«Al centro del nostro interesse – spiega la direttrice – c’è un’area macroscopica, un’autentica fucina di talenti che ogni anno produce film audaci, diversi, spesso fuori dagli schemi, a volte imperfetti ma pieni di vitalità, di coraggio. Un cinema in costante dialogo con la realtà, capace di analizzarla e trasfigurarla, rendendola universale. Il nostro tentativo è offrire una mappatura il più possibile esaustiva di una produzione davvero multiforme: film d’amore e di guerra, commedie e thriller, documentari militanti e film-saggio».


Tre le sedi del festival: il
Politeama Rossetti, il Teatro Miela e il Cinema Ambasciatori; e tre le sezioni competitive che, lungi dall’esaurire le linee di programmazione (mai così ricche come in questa edizione), si confermano il nucleo centrale del festival.


Nove
i titoli che compongono il Concorso lungometraggi (in giuria Weronika Czołnowska, Beatrice Fiorentino e Stefan Ivančić), tra anteprime italiane, europee e internazionali: da Cannes arrivano due dei film più apprezzati nell’ultimo Certain Regard, Metronom, sogno di amore, musica e libertà nella Bucarest del 1972, che sulla Croisette è valso ad Alexandru Belc il premio per la migliore regia, e l’ucraino Butterfly Vision di Maksym Nakonečnyj, storia di prigionia (lo sfondo è il Donbass) a cui neanche la liberazione sembra poter mettere fine; dall’inferno della Storia al purgatorio bifamiliare di Fucking Bornholm di Anna Kazejak, caustica commedia polacca che rompe l’idillio dell’isola danese del titolo; il senso della vita, dell’amore e del racconto è al centro del georgiano Beautiful Helen di George Ovashvili, on the road a due per ritrovare se stessi; una guerra tutta invisibile è quella che si combatte nell’autobiografico Safe Place del croato Juraj Lerotić, pluripremiato all’ultimo Festival di Locarno, dove un tentato suicidio crea una frattura nell’esistenza quotidiana di una famiglia; migliore opera prima alla Berlinale 2022, Sun dell’irakena-austriaca Kurdwin Ayub si apre su tre adolescenti di Vienna che twerkano in hijab e cantano musica pop, diventando famose da un giorno all’altro tra i curdi musulmani; presentato al Sundance, Gentle degli ungheresi László Csuja e Anna Eszter Nemes ci immerge nel mondo del culturismo femminile; Black Stone del greco Spiros Jacovides aggiorna la tradizione del mockumentary tra humour nero e critica sociale; mentre lo sloveno Wake Me di Marko Šantić specchia nell’amnesia del giovane Rok il revisionismo di un’intera società.

A queste si aggiungono sei proposte fuori concorso: gli italiani Gigi la legge di Alessandro Comodin e La lunga corsa di Andrea Magnani, il polacco Bread and Salt di Damian Kocur, il ceco Somewhere Over the Chemtrails di Adam Koloman Rybanský e lo slovacco Victim di Michal Blaško


Menzione speciale per
The Perfect Number di Krzysztof Zanussi, che sarà l’occasione per premiare il maestro polacco con l’Eastern Star Award, il riconoscimento nato per segnalare le personalità del mondo del cinema che con la loro carriera hanno gettato un ponte tra l’Est e l’Ovest (nell’albo d’oro Irène Jacob, Monica Bellucci, Milcho Manchevski, Rade Šerbedžija, Kasia Smutniak, Miki Manojlović, Kornél Mundruczó e Kata Weber). Quel ponte Zanussi lo ha rappresentato per evidenti ragioni biografiche, con le sue radici familiari nel cuore del Friuli, non meno che per i suoi meriti professionali, che lo hanno portato “da un Paese lontano” (per dirla con il titolo di uno dei suoi film più celebri) al centro del dibattito cinematografico, politico, morale di tutto il continente, grazie a opere come Illuminazione, La spirale, L’anno del sole quieto (Leone d’oro nell’84 alla Mostra di Venezia), Persona non grata.


Quattro, inoltre, gli Eventi speciali: l’apertura della programmazione al Politeama Rossetti è affidata a uno degli sforzi produttivi più sontuosi della scorsa stagione, Il boemo di Petr Václav, sulle avventure del compositore settecentesco Josef Mysliveček, vissuto nello stesso periodo di Mozart, e richiestissimo dalle corti e dai teatri dell’Europa dell’epoca (il film, coprodotto dall’italiana Dugong, inizia da Trieste il suo tour nelle principali città italiane distribuito da Cloud 9); il nuovo cortometraggio diretto da Laura Samani, L'estate sta finendo - Appunti su Furio, che racconta una storia d'amore toccante e poetica attraverso il montaggio di scene balneari frutto della raccolta dei filmini di famiglia girati sulle spiagge dei nostri litorali a cura del Sistema Regionale delle mediateche del Friuli Venezia Giulia; il macedone The Happiest Man in the World di Teona Strugar Mitevska, applaudito a Venezia e presto in sala con Teodora Film; e Souvenir d’Italie di Giorgio Verdelli, ritratto del grande Lelio Luttazzi. 


Undici i film del Concorso documentari (in giuria Rok Biček, Freddy Olsson e Julia Sinkevych): Blue/Red/Deport della lituana Lina Lužytė, il doc metacinematografico come lente d’ingrandimento per amplificare la realtà del campo profughi di Moria, in Grecia; il croato Deserters di Damir Markovina, Mostar tra ieri e oggi, anche attraverso le lettere dei giovani bosniaci che scelsero di fuggire dalla guerra; due riflessioni sul valore politico del teatro, il lettone Sisters in Longing di Elita Kļaviņa, “Tre sorelle” di Čechov allestito in un carcere femminile, e il polacco The Hamlet Syndrome di Elwira Niewiera e Piotr Rosołowski, Shakespeare e il palcoscenico per esprimere il proprio dolore; Fragile Memory dell’ucraino Ihor Ivan’ko, che “sfida” l’Alzheimer del nonno Leonid Burlaka, al lavoro negli anni ‘60 nei mitici Studi Cinematografici di Odessa; il moldavo Love Is Not an Orange di Otilia Babara, la fragilità dei legami familiari attraverso gli occhi di una generazione di madri e figlie costrette a vivere separate, e il bulgaro A Provincial Hospital di Ilian Metev, Ivan Chertov e Zlatina Teneva, su una comunità duramente provata dal Covid; The Visitors della ceca Veronika Lišková, in trasferta con la protagonista Zdenka nella città più settentrionale del mondo, Longyearbyen, sulle isole Svalbard in Norvegia; The New Greatness Case di Anna Šišova, la battaglia giudiziaria di una madre per dimostrare l’innocenza della figlia, detenuta in un carcere russo con l’accusa di voler rovesciare il governo; Non-Aligned: Scenes from the Labudović Reels, incursione di Mila Turajlić negli straordinari materiali d’archivio del massimo operatore dei cinegiornali jugoslavi all’epoca di Tito; la croata-olandese Scenes With My Father di Biserka Šuran, viaggio simbolico sul filo dei ricordi di un padre e di una figlia nell’ex Jugoslavia. 


Altri sei i doc fuori concorso: Ciné-Guerrillas: Scenes from the Labudović Reels, seconda parte del dittico di Mila Turajlić (vedi sopra), Liturgy of Anti-Tank Obstacles di Dmytro Sucholytkyj-Sobčuk, Mariupolis 2 di Mantas Kvedaravičius, premiato come miglior documentario agli EFA, gli oscar europei, Un nemico invisibile di Riccardo Campagna e Federico Savonitto, Trieste è bella di notte di Matteo Calore, Stefano Collizzolli e Andrea Segre, in anteprima assoluta al TSFF; The Land di Ivars Seleckis.


Organizzato in tre compilation, il Concorso cortometraggi presenta diciassette titoli, a cui si affiancano alcune proposte fuori concorso tra cui il nuovo lavoro di Radu Jude, The Potemkinists.

Confermate anche quest’anno le sezioni Fuori dagli sche(r)mi e Wild Roses: Registe in Europa e il Premio Corso Salani


«Fuori dagli sche(r)mi – spiega Nicoletta Romeo – continua il suo lavoro di ricerca su forme e prospettive nuove, con un’attenzione speciale quest’anno sul cinema d’animazione; Wild Roses, l’ormai tradizionale focus dedicato ogni anno alle cineaste di un diverso paese, fa tappa quest’anno in Ucraina con un programma a cui avevamo già iniziato a pensare in tempi di minore emergenza, per la cura di Massimo Tria. È un cinema militante, che affronta con forza la drammatica situazione odierna ma è anche e soprattutto un cinema femminista, di sorellanza, con autrici e protagoniste moderne, emancipate, che sognano un futuro migliore per se stesse e per il loro Paese. Il Premio Corso Salani, curato quest’anno da Giuseppe Gariazzo e Grazia Paganelli, è dedicato a un cineasta a noi molto caro, e in memoria del quale cerchiamo di dare vita ogni anno a una sezione di cinema italiano indipendente senza distribuzione, nell’ottica di dare una maggiore visibilità a quelle opere e a quei registi che spesso sono la vera linfa del nostro cinema, con stili e modus operandi diversissimi, anche se non sempre godono di un’adeguata promozione o dei canali giusti per raggiungere un pubblico più vasto»


L’attenzione per la storia europea, da sempre uno dei punti di forza del festival, continua quest’anno con il ricordo del “divorzio di velluto” che nel 1993 sanciva la nascita della Repubblica Ceca e della Repubblica Slovacca. Un trentennale speciale, che ha convinto il TsFF a esplorare e raccontare la storia della Cecoslovacchia affidando alle cure di
Francesco Pitassio la retrospettiva Oltre i bordi. I margini del cinema ceco e slovacco: un’ampia selezione di film che si muovono lungo le faglie della storia di un Paese composto da una molteplicità di culture e tradizioni diverse, e percorrendo zone geografiche diverse, dalla centralità dei grandi “studios” praghesi ai confini nazionali. Accanto ai grandi maestri come Gustav Machatý e Jan Švankmajer, tanti i film poco conosciuti e in alcuni casi inediti in Italia.


Nel 140° anniversario dalla nascita, inoltre, il festival vuole celebrare
Franz Kafka con una doppia proiezione che è anche un omaggio a due autori scomparsi recentemente, Luigi Di Gianni e Jean-Marie Straub (e quindi anche Danièle Huillet), che hanno trasposto sullo schermo rispettivamente le prime pagine de Il processo e del romanzo incompiuto Amerika. Un omaggio che in qualche modo si lega alla retrospettiva ma anche alla stessa Trieste, delle cui Assicurazioni Generali lo scrittore boemo fu l’impiegato certamente più celebre. 


Il programma completo è disponibile su www.triestefilmfestival.it


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